Con il decreto MIPAAF del 2016 (D.M. 747) sono stati chiariti in modo definitivo i termini utilizzabili in etichetta per la grappa IG.

Redazione

13/05/2021

La grappa italiana ha una storia antichissima collegata al mondo agricolo ed alla produzione enologica. Il primo tentativo di disciplinarne la produzione per proteggerne il nome ed offrire regole certe al consumatore è datato 1951 (legge 1559), ma la prima forma di protezione internazionale della grappa si è concretizzata con il Regolamento CEE 1576 del 1989. Successivamente, con il Regolamento UE 110/2008, diventava effettiva la creazione della categoria IG delle “Bevande Spiritose”, all’interno della quale sin da subito è stata inserita la IG Grappa.

L’invecchiamento della grappa

L’ultima modifica alla scheda tecnica della grappa IG introdotta con il Decreto Ministeriale 747 del 2016 entrato in vigore il 1° agosto 2016, ha confermato le seguenti specifiche:

  • vecchiainvecchiata, per la grappa che ha subito un affinamento per un periodo non inferiore ai 12 mesi in botti, tini o altri recipienti di legno non verniciati né rivestiti, all’interno di magazzini di invecchiamento sotto il controllo fiscale e su territorio italiano.
  • riserva o stravecchia per la grappa invecchiata almeno 18 mesi.
  • può essere specificata in etichetta la durata dell’invecchiamento, espressa in mesi e in anni, o soltanto in mesi.
  • è consentita l’aggiunta di caramello solo per la grappa sottoposta ad invecchiamento almeno dodici mesi (massimo 2% in volume).

A maggior tutela dell’IG grappa viene è stato aggiunto che:

  • è consentito specificare la tipologia del contenitore in legno impiegato (es. barrique, caratello, tonneau, etc.), anche mediante aggettivazioni, solo quando la grappa abbia soggiornato in tale tipologia di contenitore per almeno la metà del periodo minino di invecchiamento previsto per la categoria (invecchiata, riserva).
  • per tutelare il made in Italy e per evitare contraffazioni (prima dell’entrata in vigore del D.M. era possibile esportare grappa sfusa ad alta gradazione alcolica) dal 1° agosto 2016 la grappa può essere esportata solo come prodotto finito (imbottigliata o in fusti) e quindi non può più subire ulteriori lavorazioni all’estero (blending, riduzione grado alcolico, aggiunta di zucchero, filtraggio, ecc).

La grappa barricata

Con l’introduzione dell’IG grappa e la richiesta di 12 mesi minimi di affinamento per poter dichiarare la grappa invecchiata, molti imbottigliamenti che facevano affinamenti di pochi mesi avevano iniziato ad utilizzare il termine grappa barrique o barricata, termine che era spesso interpretato dal consumatore come sinonimo di invecchiata. Col il D.M. del 2016 si è quindi posto termine a questa pratica. Oggi una grappa per poter essere dichiarata come barricata deve possedere un invecchiamento certificato (può essere solo invecchiata o riserva) e deve avere trascorso almeno la metà del tempo in barrique. Quindi almeno 6 mesi in barrique per una grappa invecchiata e almeno 9 mesi per una grappa riserva.

La necessità di un Consorzio Nazionale di Tutela della Grappa

Il regolamento attuativo del D.M. 747 del 2016 sino ad oggi non è ancora stato emanato. Oggi l’unico ente autorizzato a certificare l’invecchiamento è l’Agenzia delle Dogane. Da anni si parla della necessità di costituire un consorzio di tutela nazionale della grappa IG, un organismo a cui le distillerie dovranno obbligatoriamente iscriversi e che assumerà il ruolo di controllore della filiera produttiva, certificando la qualità della grappa, il rispetto delle norme contenute nell’IG e l’età di maturazione.

Con la recente nomina di Sebastiano Caffo alla presidenza dell’Istituto Nazionale Grappa, la nascita del consorzio entro il 2021 è stato messo come principale punto all’ordine del giorno, la strada sembra finalmente definita. Si potrà così concludere un percorso durato oltre 70 anni e il nostro distillato nazionale potrà finalmente godere della dignità di acquavite a indicazione geografica.