Distilleria Giovanni Poli Santa Massenza
La distilleria di Giovanni Poli Santa Massenza raccoglie l’eredità di intere generazioni di distillatori di Santa Massenza in Trentino, paese simbolo della grappa. Qui l’arte distillatoria è una tradizione centenaria: fino agli anni 80 erano ben 13 le distillerie artigianali che lavoravano contemporaneamente nel piccolo Borgo di Santa Massenza. Giovanni Poli, negli anni settanta, in collaborazione con altri sui colleghi distillatori Italiani pionieri dell’innovazione, mosso dalla passione per il proprio lavoro grazie anche all’intuizione e la ricerca della qualità, ha trasformato la grappa, che all’origine era considerata prodotto poco pregiato, in prodotto di grande eccellenza, riscuotendo approvazione e successo nelle nicchie enogastronomiche nazionali. La scelta della materia prima , l’adozione e l’ottimizzazione dell’alambicco discontinuo a bagnomaria ideato dal Ramiere Trentino Tullio Zadra, consente di mantenere le essenze e le fragranze naturali dei distillati. La distilleria di Giovanni Poli ha mantenuto, nonostante le esigenze del mercato e la naturale evoluzione tecnologica, la filosofia e la manualità, elementi indispensabili per produrre dei veri prodotti unici e pregiati
Nasce a Santa Massenza la più antica ed affascinante storia della grappa artigianale.
Nel 1500 a Santa Massenza aveva sede l’azienda agricola “mensa vescovile”, fonte di prelibatezze gastronomiche per le tavole del concilio di Trento (Michelangelo Mariani 1536). Il Principe Vescovo era l’unico che poteva distillare e regolava il commercio dell’acquavite.
Da inventario vescovile, nel 1700 l’azienda agricola disponeva di 2 alambicchi situati nel Palazzo del Vescovo e gestiti da uno gruppo di persone, tra i quali Antonio Poli, antenato degli attuali titolari (da La Valle dei Laghi Antonio Golfer). Gli abitanti del paese portavano le loro vinacce e ritiravano l’acquavite, in seguito i contadini cominciarono a produrre la grappa nelle proprie case e si registrarono le prime licenze sotto l’Impero Austroungarico (1876 Distilleria Lorenzin ). In autunno ogni casa era una fucina alcoolica. Si distillava con orgoglio, per ricavare sostegno anche economico, rispettando tempi e metodi dell’alambicco, ma pure le regole daziarie imposte dalla Guardia di finanza. La produzione della grappa è sempre stata rigidamente regolata. Un tempo (sotto il dominio asburgico) il permesso per “la cotta delle vinacce” era dato a ore, con un limite per ogni distillata di 24 ore per distilleria . A Santa Massenza il tempo è sempre stato rispettato, questione di civiltà contadina, di rispetto delle regole. Così anche al giorno d’oggi, a distanza di più di tre secoli, alcune distillerie locali sono ancora in funzione con gli stessi rituali del passato, I grappaioli organizzavano la “24 ore” no stop cominciando a programmare la stagione della legna: tronchi di pino segati per tempo. Il legno era indispensabile infatti come “carburante”, ricco di resina e quindi in grado di sostenere la fiamma del fuoco che avvolgeva il paiolo e trasmetteva omogeneamente il calore alle vinacce; fuoco gestito con esperienza per garantire una corretta distillazione. Santa Massenza ha scandito l’evoluzione stessa dell’arte distillatoria.