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Avola Rum, la cannamela in una storia tutta italiana
Nell’antica città esagonale di Avola, nel libero consorzio comunale di Siracusa, ha preso ufficialmente vita la rinascita del rum 100% italiano: Avola Rum.
Marco Graziano
23/05/2021
A partire dalla materia prima, la canna da zucchero, conosciuta in Sicilia sin dall’800 come cannamela grazie agli Arabi che la importarono, ora reimpiantata da un visionario innamorato della sua terra Corrado Bellia. L’Avola Rum è prodotto direttamente dal puro succo di canna e quindi, anche se per ora non possiamo scriverlo in etichetta per via del disciplinare europeo, possiamo comunque dirlo a voce, il rum agricolo italiano è rinato!
Corrado in una telefonata di qualche giorno fa è stato un vero fiume in piena, quasi settantenne ma con una voglia di raccontare al mondo il progetto, che gli fermenta in testa da 16 anni, degna di un ragazzo che per la prima volta vede il mondo dal finestrino di un aereo. Già direttore del Consorzio della Mandorla di Avola nato nel 2000, che oggi associa una trentina di produttori e una quarantina di aziende di trasformazione e commercializzazione, si appassiona alla storia che lega fortemente la canna da zucchero e i trappeti dove veniva coltivata a partire dall’800 d.C. e dove rimane in quel di Avola sino al 1700.
La storia della cannamela in Sicilia
Quella della canna da zucchero e la Sicilia è una storia antichissima che nasce intorno all’800 d.C. per mano degli Arabi che importano questa pianta come materia di scambio. Climaticamente la Sicilia grazie alle sue temperature durante l’anno, caldo d’estate e mite d’inverno, permette alla cannamela di poter crescere e giungere a maturazione in maniera ottimale, ovviamente non è tutto così facile perché il problema idrico durante i mesi più aridi dell’anno rende faticosa e impervia la sua coltivazione come mi ricorda Corrado, essendo la canna da zucchero voracissima di acqua.
La coltivazione e la lavorazione di questa pianta è attestata dagli scritti di Ibn Ankal, in cui si legge “Lungo la spiaggia, nei dintorni di Palermo, cresce vigorosamente la canna di Persia e copre interamente il suolo; da essa si estrae il succo per pressione”.
Uno tra i più antichi documenti che attesta la coltivazione in Sicilia della canna da zucchero, riguarda Marsala e fa parte di una serie di atti del 1294, 1305 e 1347 della potente famiglia Ferro, trascritti nel 1440 dal notaio trapanese Francesco Milo. “Il 7 giugno 1347 il regius miles Berardo Ferro donava al nipote oltre il giardino e le vigne di contrada Abbatia con terre e fonti, l’acquedotto, il mulino ad acqua di contrada Flomaria (oggi Fiumara) ed il cannamelito. Quest’ultimo comprendeva un vasto appezzamento di terreno recintato (clausura), dove veniva coltivata la canna da zucchero…”
Esisteva, quindi, a Marsala già nel 1347 una coltivazione specializzata di cannamele in un appezzamento di terreno di una certa estensione, protetto dagli animali al libero pascolo. L’importanza del cannamelito è tale da dare il nome alla contrada, che, fino al XIX secolo, continuerà a chiamarsi Molino dell’acqua e cannamelito.
Nonostante il declino della produzione di zucchero sull’isola la tradizione viene mantenuta dai Marchesi Pignatelli Aragona Cortes che la continuano a coltivare nei loro possedimenti. Le testimonianze sulla coltivazione della canna da zucchero e sulla distillazione del rum ad Avola sono numerose, sia prima che dopo il terremoto del 1693, che distrusse l’antica città e costrinse gli abitanti a ricostruirla a valle, dove si trovava fra l’altro il trappeto della cannamele.
La prima produzione
Il 26 marzo 2021 è scattata la prima raccolta ufficiale che ha dato vita al primo piccolissimo batch di bottiglie che entreranno in commercio nel mese di giugno. In un piccolo fazzoletto di terreno di 200 metri quadrati Corrado mi racconta di aver impiantato tre filari di canna da 40 metri circa che hanno permesso la raccolta di quasi 2 tonnellate di prodotto, per l’esattezza 1780 kg. Il grado brix durante la raccolta, totalmente a mano, ha raggiunto una media di oltre 18 punti, con un minimo di 16 fino a punte di 20\22. Valore di tutto rispetto se confrontato con i raccolti caraibici.
Dalla canna raccolta portata in spremitura nell’arco di mezza giornata, grazie ad un macchinario appositamente acquistato da Corrado, si sono ottenuti 980 litri circa di succo fresco, chiamiamolo pure vesou. Questo dopo i controlli di rito è stato messo in fermentazione con l’aggiunta di lieviti della famiglia s.cerevisiae. In questo caso la durata è stata di circa 10 giorni, causa gli sbalzi di temperatura dovuti al meteo di questa primavera ballerina.
A fine fermentazione il nostro “vino di cannamela” con un tenore alcolico di 9,5% abv passa alla distillazione grazie alla collaborazione con la distilleria Giovi situata a Valdina nella valle del Niceto in provincia di Messina ad un paio d’ore di auto dalle piantagioni di Avola Rum. Il metodo di distillazione usato è quello discontinuo, attraverso un piccolo alambicco a bagnomaria da 450 litri di tipo “Zadra”, modificato in alcune parti dal Maestro Distillatore Giovanni La Fauci, per essere adattato alle sue esigenze. Il puro succo di canna fermentato e distillato ha una gradazione finale intorno ai 75% abv. La resa totale è stata di 80 litri prodotti.
Il rum è rimasto a riposare in contenitori di acciaio per circa 60 giorni al fine di permettere la sua esterificazione. E’ stato poi diluito con acqua per raggiungere la gradazione di 50 abv e quindi pronto ad entrare in bottiglia. Come dicevamo prima questo piccolissimo batch sarà formato da solo 200 bottiglie numerate nel formato di 0,5 litri ciascuna.
Il futuro
Corrado mi racconta che non vede l’ora di iniziare il prossimo raccolto nel mese di agosto poiché presume possa portare a tagliare tra le 6 e le 7 tonnellate di canna da zucchero nel secondo campo impiantato… con un pensiero già al terzo per un futuro non molto distante. Sulla scia di quel che avviene a Madeira, con il disciplinare che raccoglie e unisce i produttori della piccola isola portoghese, Corrado non si ferma e rilancia l’idea e la speranza di essere solo il primo in Sicilia… e magari nel giro di pochi anni creare una Compagnia Siciliana del Rum, insieme a giovani imprenditori, con il concetto di mantenere la tradizione e le dimensioni artigianali.
Perché no?, io intanto non vedo l’ora di raggiungere l’amico Leonardo Pinto che ha seguito il progetto sin dalla sua nascita e andare a mordere la canna da zucchero di Corrado in estate ad Avola.
Corrado sei unico la Sicilia deve essere orgogliosa di te. Damiano Miniera